Il trasporto dei prodotti della pesca, fase fondamentale nel commercio del settore ittico per l’esigenza di una continua e rapida movimentazione dei pesci e degli altri organismi marini destinati al consumo umano, ma anche punto critico dell’intera filiera, è ormai disciplinato, per quanto riguarda gli aspetti della sicurezza igienica, dai regolamenti comunitari del “pacchetto igiene”, applicati dall’inizio del 2006. In particolare:
- il Regolamento (CE) n. 852/2004, che tratta il trasporto di tutti gli alimenti;
- il Regolamento n. 853/2004, relativo agli alimenti di origine animale, le cui norme specifiche integrano quelle del Reg. 852/2004.
Le vecchie norme nazionali
Le norme di cui al DPR 26 marzo 1980, n. 327, prevedenti, oltre ai requisiti generali richiesti per i veicoli (art. 43), l’autorizzazione sanitaria per il trasporto di alcune tipologie di prodotti tra i quali quelli della pesca (art. 44), nonché le modalità e le procedure di rilascio (artt. 45 e seguenti), sebbene non esplicitamente abrogate risultano oggi incompatibili con detti Regolamenti. Pertanto, l’operatore che intendesse effettuare il trasporto di prodotti ittici, sia nell’ambito della propria attività di deposito o vendita, sia come attività fine a se stessa, non deve più richiedere l’autorizzazione sanitaria, che come si ricorderà era rilasciata dal Comune di residenza dell’operatore proprietario del veicolo ed aveva durata biennale, né il rinnovo di detta autorizzazione. È invece abrogata dal Reg. 852/2004 la direttiva 93/43/CEE, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 155/1997 che è pertanto da intendersi superato ed interamente assorbito dallo stesso Regolamento: tuttavia, in mancanza delle sanzioni relative alla nuova normativa (materia sulla quale è compito del singolo stato membro legiferare), sopravvive l’impianto sanzionatorio previsto da tale decreto, purché applicato in relazione a obblighi e fattispecie contemplati nella nuova normativa o alla luce dei nuovi criteri di sicurezza alimentare. A tal proposito è intervenuta la Circolare del Dipartimento per la Sanità Pubblica Veterinaria, la Nutrizione e la Sicurezza degli Alimenti, ex Ufficio IX, prot. N. 20151/P del 24 maggio 2006.
La stessa sorte è toccata alla Direttiva 91/493/CEE, abrogata dalla Direttiva 2004/41/CE facente parte del “pacchetto igiene”: della norma italiana di sua attuazione, il Decreto Legislativo n. 531/2004, sopravvivono, fino a diversa legislazione, le sanzioni compatibili con l’applicazione del Reg. 853/2004.
Denuncia di inizio attività
Oggi, pertanto, anche l’attività di trasporto è soggetta al nuovo istituto della Denuncia di Inizio Attività (DIA), al fine della “registrazione” dell’impresa. Il Reg. n. 852/2004 prevede, all’art. 6, che “ogni operatore del settore alimentare notifica all’opportuna autorità competente, secondo le modalità prescritte dalla stessa, ciascuno stabilimento posto sotto il suo controllo che esegua una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti ai fini della registrazione del suddetto stabilimento”. Le linee-guida applicative del Reg. 852/2004, adottate con provvedimento 9 febbraio 2006 a seguito di accordo della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, meglio specificando, recita che “tutte le attività di produzione, trasporto, magazzinaggio, somministrazione e vendita sono soggette a procedure di registrazione, qualora non sia previsto il riconoscimento ai sensi del Regolamento 853/2004”. Nelle linee-guida appare chiaramente obbligato alla notifica “il titolare dell’industria alimentare o del mezzo di trasporto”, il quale deve inviare la DIA, secondo la modulistica predisposta da ciascuna Regione, accompagnata dalla documentazione necessaria (relazione tecnica, ecc…) al Comune, che la trasmette al Dipartimento di Prevenzione della ASL. Si tratta di una procedura autocertificativa, in quanto, secondo il Reg. 852/2004, “la responsabilità principale della sicurezza degli alimenti incombe all’operatore del settore alimentare” (art. 1) e “gli operatori del settore alimentare garantiscono che tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti sottoposte al loro controllo soddisfino i pertinenti requisiti fissati nel presente Regolamento” (art. 3). Com’è ormai noto, infatti, la garanzia della sicurezza alimentare si è spostata dalla sfera del controllo pubblico, che ha compiti di verifica e supervisione, a quella dell’operatore, che deve far sì che gli alimenti da lui prodotti, trasformati, venduti, trasportati, ecc…, non costituiscano un rischio per la salute dei consumatori.
Dato che il trasporto dei prodotti della pesca era, come si è visto, soggetto ad autorizzazione sanitaria ai sensi della normativa precedente, tale attività ricade ora nel campo di applicazione della “DIA differita”: l’attività può iniziare dopo 45 giorni dalla comunicazione. Tale periodo consente all’autorità competente (il Dipartimento di Prevenzione dell’ASL, nella fattispecie i Servizi Veterinari) la verifica della rispondenza della situazione reale rispetto a quanto è stato autocertificato nella DIA. Secondo le linee guida possono verificarsi tre casi:
- “l’attività inizia alla data prevista comunicata”, sia dopo verifica ufficiale favorevole, sia in mancanza di tale verifica (atto che non costituisce un obbligo per l’autorità competente);
- “l’attività inizia solo dopo che l’esercizio ha risolto le non conformità evidenziate”, qualora a seguito della verifica ufficiale siano stati prescritti interventi non effettuati entro la data prevista;
- “l’attività inizia alla data prevista comunicata, ma l’esercizio deve risolvere determinate non conformità lievi evidenziate, entro dei termini stabiliti dall’organo di controllo”, se cioè le non conformità non sono ritenute pregiudizievoli della sicurezza alimentare e le prescrizioni impartite, da attuare entro un certo tempo assegnato, non impediscono l’inizio dell’attività.
Per i veicoli già autorizzati in base al DPR 327/1980 gli operatori non devono presentare una DIA, risultando gli stessi automaticamente registrati.
Le linee guida includono esplicitamente nel campo di applicazione del Reg. 852/2004:
- il trasferimento dei prodotti della pesca dal luogo di produzione (navi) al primo stabilimento di destinazione;
- il trasporto dei prodotti di acquacoltura dagli allevamenti agli stabilimenti di trasformazione;
- il trasporto dei molluschi bivalvi vivi dalla zona di allevamento e raccolta ad un centro di depurazione o di spedizione.
Pertanto, anche i veicoli adibiti a tali fasi devono essere regolarmente registrati mediante la DIA.
Requisiti
I requisiti generali sono dettati dal capitolo IV dell’Allegato II al Reg. 852/2004, che ripropone di fatto quelli già previsti dalla Direttiva 93/43/CE e dal DLgs n. 155/1997.
Innanzi tutto i vani di carico dei veicoli e i contenitori devono:
- essere mantenuti puliti e sottoposti a regolare manutenzione per proteggere i prodotti alimentari da possibili contaminazioni;
- essere, “se necessario”, progettati e costruiti in modo da consentire adeguata pulizia e disinfezione;
- non essere utilizzati per il trasporto di materiali diversi dai prodotti alimentari se può derivarne contaminazione;
- essere dotati, “ove necessario”, di efficaci separazioni tra alimenti di tipo diverso o tra alimenti e merci diverse, con adeguate operazioni di pulizia tra un carico e l’altro per evitare il rischio di contaminazione;
- essere caricati di prodotti alimentari collocando e proteggendo gli stessi in modo da evitare contaminazioni;
- essere atti a mantenere le condizioni di temperatura necessarie e consentire che la temperatura possa essere controllata.
I requisiti sono molto meno categorici di quelli previsti dalla precedente normativa nazionale (DPR 327/1980). La valutazione sull’idoneità dei materiali e delle caratteristiche costruttive sono demandate all’operatore. Tuttavia, per i prodotti della pesca si ritiene opportuno, anche secondo una ormai consolidata prassi igienica, che i veicoli siano dotati di rivestimento interno resistente alla corrosione, impermeabile, lavabile e disinfettabile, meglio se con raccordi arrotondati tra le pareti e tra queste e il pavimento; a tal proposito sono ampiamente e correttamente usati rivestimenti in vetroresina, opportunamente verniciati con materiale atossico, fogli di materiale plastico e lastre di acciaio inox: è importante che il rivestimento sia ben fissato e privo di soluzioni di continuità, in modo da evitare l’infiltrazione di acqua di lavaggio e liquidi organici in zone irraggiungibili e non pulibili. È opportuno dotare il veicolo di un dispositivo di scarico dei liquidi derivanti dai prodotti, dalla fusione del ghiaccio e dalle operazioni di lavaggio in modo da evitare il loro ristagno, nonché di un dispositivo di raccolta temporanea (serbatoio) dei liquidi in attesa del loro scarico (per esempio durante la marcia o la sosta in aree in cui lo scarico non è possibile). In particolare, nel Cap. VIII dell’Allegato III, Sezione VIII, del Regolamento 853/2004, viene precisato che “se i prodotti della pesca sono mantenuti sotto ghiaccio, l’acqua di fusione non deve rimanere a contatto con i prodotti”: contatto che si verificherebbe per i prodotti appoggiati sul pavimento del veicolo in mancanza di griglie, pedane rialzate o sistemi di raccolta.
Temperatura
Il citato Capitolo VIII prevede che “i prodotti della pesca freschi, i prodotti della pesca non trasformati decongelati, nonché i prodotti di crostacei e molluschi cotti e refrigerati, devono essere mantenuti ad una temperatura vicina a quella del ghiaccio in fusione”. Viene pertanto confermato quanto già previsto dal DLgs n. 531/1992 e dal DPR n. 327/1980: quest’ultimo prevedeva, più precisamente, la temperatura da 0°C a +4°C e sempre sotto ghiaccio.
Anche per quanto riguarda i prodotti della pesca congelati è stato confermato il valore massimo di -18°C “in ogni parte della massa, con eventuali lievi fluttuazioni verso l’alto di 3°C al massimo”.
Deroghe sono previste:
- per i pesci interi congelati in salamoia destinati alla fabbricazione di conserve, per i quali il limite in tutte le fasi (Capitolo VII) è di -9°C;
- per i prodotti congelati trasportati da un deposito frigorifero a uno stabilimento riconosciuto, ove saranno immediatamente decongelati per essere preparati e/o trasformati, in caso di breve distanza e di autorizzazione concessa dall’autorità competente: stanti queste condizioni non è necessario rispettare la temperatura di -18°C, essendo in pratica consentito durante il trasporto un innalzamento termico che non inficia la sicurezza dell’alimento destinato comunque al decongelamento.
Per quanto riguarda i prodotti mantenuti vivi (il riferimento è ai crostacei quali astici e aragoste) non vengono definiti valori certi, ma la temperatura non deve pregiudicare la vitalità dei prodotti stessi e la loro sicurezza. Se per i prodotti congelati il rispetto della temperatura prescritta è possibile esclusivamente con l’installazione di un impianto refrigerante, per i prodotti freschi la temperatura vicina a quella del ghiaccio in fusione potrebbe essere mantenuta anche con metodi alternativi, quali piastre eutettiche o presenza costante di ghiaccio. Il rischio è, comunque, quello di creare situazioni di instabilità termica, con mancanza della garanzia della sicurezza alimentare in riferimento alle distanze da coprire, alla temperatura esterna, alle quantità trasportate, alle modalità di imballaggio e di carico e all’efficienza della coibentazione: è, pertanto, sempre consigliabile la dotazione di impianto frigorifero, che permette una lenta fusione del ghiaccio la quale mantiene il pesce fresco in adeguate condizioni di idratazione.
I requisiti di temperatura prescritti dall’Allegato III del Reg. 853/2004 devono essere applicati anche nei casi di trasporto nell’ambito del commercio al dettaglio, che sarebbero esclusi in linea generale dal campo di applicazione di tale normativa, come risulta all’art. 1, comma 5, dello stesso Regolamento.
Il trasporto dopo lo sbarco e dagli impianti di acquacoltura fino al primo stabilimento a terra può avvenire in acqua refrigerata, come avviene a bordo delle navi.
È necessario comunque non interrompere mai la catena del freddo, misura igienica specifica prevista dall’art. 4, comma 3, del Reg. 852/2004.
Molluschi bivalvi vivi
Per i molluschi bivalvi vivi (mitili, vongole, ostriche, ecc…) il Capitolo VIII dell’Allegato III, Sezione VII, del Reg. 853/2004, afferma che “gli operatori del settore alimentare che trasportano molluschi bivalvi vivi devono garantire che questi ultimi siano mantenuti ad una temperatura che non pregiudichi la sicurezza alimentare e la loro vitalità”, senza la definizione di alcun valore limite. Va tuttavia rilevato che la quasi totalità dei centri di spedizione italiani indicano opportunamente nell’etichettatura, rispettando quanto previsto dal DLgs n. 109/1992 (che obbliga ad indicare le modalità di conservazione per i prodotti deperibili) una temperatura di conservazione massima di +6°C, proveniente da una vecchia norma, il DM 4 ottobre 1978, abrogata nel 1995: valore compatibile con la vitalità del prodotto e da rispettare, in quanto dettato dal produttore, nella fase di vendita al dettaglio da parte di trasportatori e commercianti.
Altra prescrizione del citato Cap. VIII recita che “una volta imballati per la vendita al dettaglio e usciti dal centro di spedizione, i molluschi bivalvi vivi non devono essere immersi nuovamente in acqua o aspersi d’acqua”: pertanto anche durante il trasporto deve essere evitata l’immersione, seppur parziale, nell’acqua intravalvare fuoriuscente dai molluschi e percolante dagli imballaggi, con utilizzo di griglie o pancali di idoneo materiale (da evitare quelli in legno a causa della loro assorbenza), in modo da impedire che l’acqua che scorre sull’esterno delle valve e ristagnante sul pavimento del veicolo, più facilmente contaminata, possa essere riassorbita all’interno delle valve stesse inquinandone il contenuto. La stessa aspersione dei molluschi con acqua facilita la contaminazione dei molluschi, favorendo la loro apertura e la circolazione di acqua dall’esterno all’interno.
Documentazione
Con l’applicazione dell’attuale normativa comunitaria è venuto meno l’obbligo della documentazione commerciale accompagnatoria con fini di “bollatura sanitaria”, già previsto dal DLgs n. 531/1992.
Tralasciando gli aspetti fiscali, che non riguardano questa trattazione, e fatti salvi i “certificati o documenti appropriati” previsti per gli scambi tra Stati membri dall’art. 7 del Reg. 853/2007, si può affermare che oggi i documenti accompagnatori assumono fondamentale importanza in ogni fase, e quindi anche durante il trasporto, per il rispetto dell’obbligo di rintracciabilità del prodotto di cui all’art. 18 del Regolamento (CE) n. 178/2002. L’operatore deve, infatti, essere in grado di individuare i propri fornitori (rintracciabilità a monte) e le imprese alle quali ha a sua volta fornito i prodotti (rintracciabilità a valle), e ciò risulterebbe impossibile, soprattutto per gli alimenti sfusi quali i prodotti della pesca freschi, senza un’adeguata documentazione di accompagnamento comprendente nome del fornitore e del destinatario, data, denominazione del prodotto, quantità. Peraltro, tale documentazione risulta indispensabile anche per l’indicazione delle informazioni previste dal Regolamento (CE) n. 2065/2001 e dal Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 27 marzo 2002, che le imprese rifornite dovranno a loro volta indicare ad ogni passaggio commerciale fino all’esposizione al consumatore finale:
- denominazione commerciale della specie (e denominazione scientifica nelle fasi precedenti la vendita al consumatore);
- metodo di produzione (cattura in mare o nelle acque interne o allevamento);
- zona di cattura.
Conclusioni
Seppur non siano intervenute importanti innovazioni pratiche circa i requisiti necessari per un corretto trasporto dei prodotti della pesca e dei molluschi, le norme comunitarie lasciano agli operatori un più ampio spazio decisionale, potendo gli stessi installare sistemi ed impianti diversi, dei quali dimostrare l’idoneità, allo scopo di garantire la sicurezza degli alimenti. È fondamentale la fase della presentazione della DIA, nella quale l’operatore è chiamato ad autocertificare la rispondenza del veicolo alle norme previste, con possibilità, in caso di false dichiarazioni accertate dagli organi di controllo (o meglio, delle “autorità competenti”, come oggi denominate), di incorrere nella denuncia penale come previsto dal DPR n. 445 del 28 dicembre 2000.
Rimane problematico definire il quadro sanzionatorio: infatti gli incaricati del controllo, non senza difficoltà, si destreggiano tra prescrizioni e provvedimenti diversi, ai sensi del Regolamento (CE) n. 882/2004, e sanzioni, in genere dagli importi elevati, previste dalla vecchia normativa nazionale e non incompatibili con le norme comunitarie, in un intreccio che richiede un forte impegno interpretativo talvolta a scapito dell’univocità. Si ha notizia che sia allo studio un definitivo intervento del legislatore (Codice della sicurezza alimentare), che dovrebbe portare all’abrogazione delle preesistenti norme nazionali e di derivazione comunitaria e alla definizione del sistema sanzionatorio collegato ai Regolamenti attualmente applicati.
Marco Cappelli
Tecnico della Prevenzione
AUSL n. 5 – La Spezia
Riferimenti normativi
- Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (rettifica in GUUE n. L 226 del 25/06/2004).
- Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (rettifica in GUUE n. L 226 del 25/06/2004).
- DPR n. 327, 26 marzo 1980, Regolamento di esecuzione della L 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande (GURI n. 193 del 16/07/1980), e successive modificazioni.
- DLgs 26 maggio 1997, n. 155, Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari (GURI n. 136 del 13/06/1997).
- Circolare del Dipartimento per la Sanità Pubblica Veterinaria, la Nutrizione e la Sicurezza degli Alimenti, ex Ufficio IX, prot. N. 20151/P del 24 maggio 2006.
- DLgs 30 dicembre 192, n. 531, Attuazione della direttiva 91/493/CEE che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca (SOGURI n. 7 del 11/01/1993; testo aggiornato, GURI n. 175 del 29/07/1998).
- Direttiva 2004/41/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, 21 aprile 2004, che abroga alcune direttive recanti norme sull’igiene dei prodotti alimentari e le disposizioni sanitarie per la produzione e la commercializzazione di determinati prodotti di origine animale destinati al consumo umano e che modifica le Direttive 89/662/CEE del Consiglio e 92/118/CEE e la decisione 95/408/CE del Consiglio (GUUE n. L 157 del 30/04/2004).
- Provvedimento 9 febbraio 2006 della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome, Linee guida applicative del Regolamento n. 852/2004/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari, repertorio atti n. 2470 (SOGURI n. 259 del 07/11/2006).
- DLgs n. 109, 27.01.1992, Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari (SOGURI n. 39 del 17/02/1992); modificato dai Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 febbraio 1996, n. 175 (GURI n. 76 del 30/03/1996) e 28 luglio 1998, n. 311 (GURI n. 218 del 18/09/1997), dal DLgs 25 febbraio 2000, n. 68 (GURI n. 72 del 27/03/2000) e dal DLgs 23 giugno 2003, n. 181 (GURI n. 167 del 21/07/2003).
- Decreto del Ministero della Sanità, 4 ottobre 1978, “Norme concernenti le modalità di confezionamento, il periodo e le modalità di conservazione dei molluschi eduli, le specie di molluschi che possono essere vendute sgusciate”, (GURI n. 286 del 12/10/1978).
- Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio, 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GUCE n. L 371 del 01/02/2002), modificato dal Regolamento (CE) n. 1642/2003 (GUCE n. L 245 del 29/09/2003).
- Regolamento (CE) n. 2065/2001 della Commissione, 22 ottobre 2001, che stabilisce le modalità d’applicazione del Regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio per quanto concerne l’informazione dei consumatori nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (GUCE L 278 del 23/10/2001).
- Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, 27 marzo 2002, Etichettatura dei prodotti ittici e sistema di controllo (GURI n. 84 del 10/04/2002).
- DPR n. 45, 28 dicembre 2000, Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa (GURI n. 42 del 20/02/2001 – SO n. 30).
- Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (rettifica in GUUE n. L 191 del 28/05/2004).
di Cappelli M.